L’ epidemia fa male all’economia, oltre che alla salute dei contagiati, la letteratura ci insegna come comportarci. Quarantene e chiusure di locali ci riportano a Manzoni e Boccaccio.
Riprendendo in mano i Promessi sposi riscopriamo il significato dell’epidemia nei capitoli XXXI e XXXII, i più inerenti la peste, e riscopriamo il grande significato della letteratura e quanto ci insegna.
È contenuta proprio in queste pagine una delle frasi più sentite,parole utili nelle emergenze di ogni epoca: «Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune».
Anche il Boccaccio ci insegna molto. Il Decamerone è molto utile riprenderlo. Anche se difficile da leggere perchè scritto in prosa e del Trecento ci è utile per la mentalità, usi e costumi che ci sono d’insegnamento: sette secoli passati, il Boccaccio della peste a rileggerlo ritroviamo l’Italia del Coronavirus, molto simile .
«Non valendo alcun senno né umano provvedimento». Contro la peste nera del 1348 il povero Gonfaloniere di Giustizia del Comune di Firenze certamente si diede un gran da fare: come il nostro Presidente del Consiglio dei Ministri , Poco o nulla risolse. «Purgata la città da oficiali sopra ciò ordinati, e vietato l’entrarvi dentro a ciascuno infermo». Come oggi a Codogno in Lombardia, anche a Firenze adottarono quarantene e posti di blocco. «A cura delle quali infermità né consiglio di medico, né virtù di medicina alcuna, pareva che valesse o facesse profitto». Secoli sono passati e la medicina ha fatto passi enormi, tranne che nel campo di Virus e degli antivirali.
«E tutti quasi, ad un fine tiravano assai crudele: ciò era di schifare e di fuggire gl’infermi e le lor cose». Di fronte al pericolo del contagio siamo ancora più crudeli e ignoranti di allora. In certi posti e i certi ambiti culturali come ad esempio in Francia vengono ironicamente schifate categorie di cittadini e nazioni basta che siano Italiani o che provengano dal Nord.
«Altri affermavano il bere assai e il godere, e l’andar cantando attorno e sollazzando, e il sodisfare d’ogni cosa allo appetito che si potesse, e di ciò che avveniva ridersi e beffarsi, esser medicina certissima a tanto male». «Andavano attorno, portando nelle mani chi fiori, chi erbe odorifere, e chi diverse maniere di spezierie, quella al naso ponendosi spesso». Oggi invece ci sono le mascherine: peccato che quelle chirurgiche di garza azzurrina, le più comuni, siano efficaci contro i batteri e il coronavirus sia per l’appunto un virus.
Al tempo del Boccaccio erano più poetici . «Assai e uomini e donne abbandonarono la propria città, le proprie case, i lor luoghi e i lor parenti e le lor cose, e cercarono l’altrui o almeno il lor contado». Nei giorni scorsi è stato rilevato un fenomeno curioso, il frettoloso ritorno degli studenti americani in America e dalle università del nord al Sud, a cercare «il lor contado», di tanti giovani iscritti alle università come se il morbo fosse un’esclusiva padana o italiana e i confini dell’antico Regno delle Due Sicilie delimitate dal fiume Tronto, fossero invalicabili ai microrganismi e addirittura non fossero affatto in America.
«Né altra cosa alcuna ci udiamo, se non: I cotali sono morti, e gli altrettali sono per morire». Oggi è uguale, su qualunque schermo i media dicono e riportano il numero dei morti e dei contagiati. Un bollettino di guerra. «Vogliamo e comandiamo che niuna novella, altro che lieta, ci rechi di fuori». Anche noi d’ora in poi vogliamo sentire soltanto buone notizie .
“The Canterbury Tales”
Il Decameron
Quali sono le differenze principali tra Canterbury Tales di Chaucer e il e Decameron di Boccaccio?